In continuità con quanto già detto a proposito del Coronavirus e dell’ incredulità che circola (assieme al virus) tra le persone e tra i pensieri di ciascuno, adesso vorrei soffermarmi, su altri due termini e sul vissuto emotivo che è probabile essi generino.
Le parole contagio e contaminazione
Mi riferisco ai sostantivi “contagio” e “contaminazione”, che decisamente siamo portati ad accostare alla vicenda “Coronavirus”. Il primo, “contagio”, viene dal latino “contagium”, è un derivato del verbo “tangere”, toccare, ed indica la trasmissione di malattie infettive per contatto del malato o dei suoi indumenti. Il secondo, “contaminazione”, non è solo legato al verbo “contaminare”, cioè infettare per contagio, ma è anche sinonimo di “corruzione”, “offesa”.
Ciò che mi sembra accomuni “contagio” e “contaminazione” è la questione del contatto pericoloso. Laddove, infatti, in questo periodo storico le Comunità Scientifiche Internazionali ed i Governi ci informano che se vogliamo sopravvivere alla pandemia Coronavirus, non possiamo sottrarci all’indicazione radicale del distanziamento sociale, faccio almeno due considerazioni:
- da un lato, la regolazione del contatto tra gli esseri umani è un annoso, quanto fondamentale, obiettivo della convivenza sociale e civile;
- dall’altro, la psicoanalisi ci ha insegnato l’importanza dello scambio e dell’integrazione armonica, tramite contatto, tra le parti della psiche di ogni individuo, pena la sua salute mentale.
Ecco allora che, forse, l’attuale attenzione alla regolazione del contatto, nei suoi risvolti concreti e simbolici, non è un compito così diverso da quanto l’Uomo è chiamato a fare da sempre, anche se con grande difficoltà sia nell’ambito dei suoi comportamenti sociali e civili, sia in relazione alla propria cura psichica.
Le risposte emotive alle parole
a da sé che ognuno possa avvertire disagio (o in alcuni casi vero e proprio malessere) nell’esercizio del distanziamento sociale e per le limitazioni nella gestione della propria quotidianità ai tempi del Coronavirus, ma mi viene da ipotizzare che la differenza tra le tradizionali difficoltà a regolare i rapporti tra gli esseri umani, o tra le parti della psiche individuale, e quella avvertita in questo momento storico stia nel fatto che oggi più di ieri dobbiamo fare i conti con la sensazione di specifica VULNERABILITÀ.
La VULNERABILITÀ, che segue all’ INCREDULITÀ cui ho già dedicato delle riflessioni, sembra quell’istanza psichica che complica il destino delle suddette difficoltà e lo rende diverso da quello tradizionale.
Concludendo
Ad essere vulnerabile non è solo il nostro sistema immunitario, ma anche la nostra Psiche…provo a spiegarmi meglio come segue:
- pensare costantemente a come evitare il contagio ci rende VULNERABILI. Tale angoscia genera molto probabilmente contaminazione dei pensieri stessi, ovvero una corruzione delle questioni su cui in genere siamo concentrati (ognuno ha le proprie!);
- siamo VULNERABILI perché preoccupati dagli imprevedibili cambiamenti economici e politici, globali, che si verranno a costellare in Futuro, una volta governata la pandemia Coronavirus;
- ci sentiamo VULNERABILI, in quanto esposti alla trasformazione (per il momento sotterranea, appena iniziata e fantasmatica) dei legami sociali e, forse, degli ambienti psichici interiori.
L’auspicio della scrivente è che il nostro sistema immunitario psichico individuale e collettivo si attrezzi al fine di tornare a proteggere l’economia emotiva di ciascuno:
- continuando a riflettere sulle angosce che attualmente destabilizzano gli stati d’animo di tutti (non pensare l’angoscia, tendenzialmente, la rende più forte!);
- desiderando di spendere bene il tempo e le opportunità dello stare insieme che la collettività prima o poi recupererà;
- creando le condizioni per una sorta di evoluzione della specie in senso umanistico e progressista, ovvero verso quella valorizzazione e tutela dei diritti e delle libertà delle persone che il Mondo prima del Coronavirus faticava a costruire, nel tempo che occorrerà per realizzarlo!